Stampa 3D di strutture di ghiaccio rinforzate con fibre naturali
Il U.S. Army Engineer Research and Development Center (ERDC) ha realizzato una tecnica per fabbricare con stampa 3D componenti in ghiaccio rinforzato, pensata per costruzioni temporanee in ambienti artici o montani dove i materiali tradizionali non possono essere trasportati facilmente. Il progetto nasce dalla collaborazione tra il Cold Regions Research and Engineering Laboratory (CRREL) e il Construction Engineering Research Laboratory (CERL), laboratori di punta del Dipartimento dell’Esercito USA.

Principio di funzionamento e materie prime locali
L’idea si basa sull’impiego del ghiaccio e della neve—risorse reperibili direttamente in loco—come materiale da costruzione. Una volta miscelata con fibre naturali (ad esempio canapa, juta o fibre di legno), l’acqua ghiacciata acquisisce maggiore resistenza a trazione e una minore fragilità. Durante la stampa:

  1. Un estrusore scalda leggermente il ghiaccio sminuzzato e le fibre, creando una pasta omogenea.

  2. Il composto viene depositato strato dopo strato su un piano a temperatura controllata.

  3. La struttura prende forma secondo il modello digitale, solidificando rapidamente per mantenere la stabilità.

In questo modo si ottengono pareti portanti e travi leggere, assemblabili in moduli per rifugi, magazzini o ponti temporanei.

Vantaggi operativi e ambientali

  • Logistica semplificata: si riduce drasticamente il materiale da trasportare, limitando le missioni a carichi di fibre e attrezzature leggere.

  • Riduzione del rischio da freddo: il personale è esposto meno a lungo alle basse temperature, grazie a tempi di costruzione accelerati da un processo automatizzato.

  • Smontaggio e riciclo: al termine dell’impiego, le strutture si sciolgono naturalmente, lasciando solo fibre biodegradabili sul terreno, senza necessità di rimozione meccanica.

Prospettive di sviluppo e test su larga scala
Il team ERDC intende potenziare il sistema con una stampante 3D di dimensioni maggiori, in grado di realizzare sezioni di parete ampie diversi metri. Le prove proseguiranno nelle camere climatiche del CRREL, dove controllare umidità e temperatura fino a –40 °C, valutando la durabilità e la capacità di carico delle strutture.


L’ice printing oltre l’edilizia artica
L’utilizzo del ghiaccio come materiale di stampa ha già trovato applicazioni in settori diversi:

  • Carnegie Mellon University: sviluppo di microstrutture di ghiaccio usate come gusci sacrificiali, stampate su piattaforme a –35 °C. Immergendo questi modelli in resina e polimerizzandoli, si ottengono componenti con canali interni complessi, utili per soft robot o dispositivi biomedicali.

  • Zhejiang University: messa a punto di ice electron beam lithography (iEBL), tecnica di nanofabbricazione che sfrutta film sottili di ghiaccio come resist per incisioni a fascio di elettroni, dimezzando il numero di passaggi rispetto ai metodi EBL tradizionali.

  • University of Cincinnati: introduzione della cryoultrasonics, metodo di collaudo non distruttivo che sfrutta impulsi ultrasonici su pezzi in metallo raffreddati da ghiaccio per individuare difetti interni con maggiore precisione.

Integrazione con altre tecnologie
L’approccio del CRREL e del CERL potrà integrarsi con droni e veicoli autonomi, per la ricognizione e la stampa robotica in zone impervie. Abbinando sensori ambientali e modelli predittivi, si potrà pianificare in anticipo l’approvvigionamento di fibre e la disposizione dei componenti, riducendo ulteriormente i tempi di costruzione sul campo.

 

La stampante 3D dell’esercito americano utilizza ghiaccio e fibre naturali per creare componenti stabili per strutture temporanee in aree operative fredde (immagine © US Army Corps of Engineers).
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Di Fantasy

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