Negozi di stampa 3D
L’hub di Milano batte anche New York
Aprono le «fabbriche di quartiere» e gli ortopedici portano le tac dei pazienti
Stanno spuntando qua e là in tutte le capitali mondiali. I negozi di stampa 3D, da curiosità, si stanno trasformando in qualcosa di molto più serio. In futuro ogni quartiere di ogni città potrebbe avere una sua «fabbrica locale» per soddisfare le esigenze specifiche degli abitanti, che, a quanto pare, sono molto più variegate di quanto si possa immaginare. Un giorno queste mini-fabbriche potrebbero mettere in dubbio il paradigma della manifattura globale, spostandolo dalla produzione di tanti oggetti tutti uguali (in Cina) e a pochi oggetti, fatti su misura, nella fabbrica dietro l’angolo.
shadow carouselI negozi per la stampa in 3D
A ciascuno la sua stamperia
La stampa 3D è molto di più di una stampa è un nuovo modo di creare oggetti reali. Ogni stampante 3D, anche la più piccola, è – di fatto – una fabbrica in miniatura che permette a ognuno di trasformare le proprie idee in realtà. Così i negozi che hanno già aperto a Londra, Berlino, Vienna e New York si sono dovuti adeguare rapidamente per soddisfare una richiesta molto diversa dalle loro previsioni: non solo architetti e designer, ma ortopedici che stampano in 3D le tac dei pazienti, ingeneri che hanno bisogno di componenti per testare i loro progetti e aspiranti imprenditori che vogliono prototipi per realizzare rapidamente le proprie idee. A quanto pare, con i giusti mezzi, l’umanità possiede capacità creative illimitate e, da questo punto di vista, poche nazioni possono competere con l’inventiva e l’immaginazione italiana. Infatti l’Italia si sta trasformando in uno dei principali «hub» della stampa 3D mondiale. Secondo 3DHubs, il più diffuso social network per chi stampa in 3D, Milano vanta la community più numerosa al mondo, davanti a New York, con già 70 macchine registrate. Milano si pone al centro di questa rivoluzione che, bisogna ricordarlo, è ancora agli albori. Ad oggi sono stati aperti in tutta Italia quattro «3D print shops»: solo gli Usa hanno fatto meglio, con sei, di cui due negozi monomarca (a New York e Boston) MakerBot, il più grande produttore di stampanti 3D personali.
Fabbriche contemporanee
Questi negozi ci mostrano le possibili strade da seguire: 3D Idea Factory, che sarà inaugurato il 10 aprile in zona Corso Genova, sarà il primo shop dotato di una stampante 3D di livello industriale: la EOS Formiga 110, da oltre 200.000 euro, realizzerà occhiali, gioielli, scarpe, lampadari dalle forme impossibili, sfruttando un processo chiamato «sinterizzazione laser selettiva» (SLS). I tre soci fondatori, Mattia Aroldi, Federico Piferi e Tommaso Meregalli hanno lavorato a questo progetto da più di due anni, credendoci da subito. Sempre a Milano ha già aperto ItalyMaker, che vende e utilizza solo le stampanti 3D «made in Italy» di WASP, oltre a una macchina, la Stratos, co-progettata dal fondatore stesso, Guido Maurizio. Queste macchine usano una tecnologia a basso costo chiamata FDM (o FFF), quindi fondono dei filamenti di plastica colorata per gli creare oggetti. «Al momento la richiesta di oggetti è ancora limitata – racconta Maurizio – ma l’interesse è alle stelle. Riceviamo decine e decine di proposte e richieste di informazioni ogni settimana». Intorno a Milano sono nate anche altre «fabbriche di mini-fabbriche»: Sharebot, 3ntr e SDM3D realizzano modelli di diverse dimensioni, eppure il fenomeno non è circoscritto al Nord, anzi. Il primo negozio di stampa 3D in Italia è stato 3DItaly, co-fondato da Antonio Alliva, a Roma. All’inizio di marzo 3DItaly ha aperto un secondo negozio a Pescara ed è diventato a tutti gli effetti il primo «social franchise» di stampa 3D in Europa. Dal Centro al Sud: Claudio Inserra, un ingegnere siciliano, ha da poco avviato il laboratorio 3D Print & Go, vicino a Siracusa, con l’intenzione di evolversi in un negozio – o meglio – in una fabbrica di quartiere, e fornire componenti meccanici alle officine locali. Tornando a Milano, Daniele Miradoli ha seguito un approccio opposto, progettando una stampante 3D e trasformando la propria galleria, MAC, in una piccola «fabbrica d’arte contemporanea».
La più grande promessa della stampa 3D, infatti, è la delocalizzazione della produzione, cioè il concetto che un giorno sarà possibile produrre qualsiasi cosa ovunque sia disponibile una connessione a Internet. Così sono già nate fabbriche locali in Messico e in Giamaica, in Tunisia come in alcune aree remote degli Stati Uniti centrali. E ci sono già realtà industriali che progettano di aprire dei veri e propri franchise nazionali.
Design week e non solo
Intanto Milano si appresta già a diventare capitale del design e della stampa 3D per la Milano Design Week. Il sito 3discover.it, dedicato proprio a raccontare il mondo della stampa 3D, presenterà Synthesis, da Autodesk in Via Tortona 37 e poi presso lo spazio Rha al 150 di via Alzaia Naviglio Grande: un evento creativo in tempo reale, in cui Growthobjects, un team di designer di Barcellona, creerà una nuova opera usando la nuova stampante 3D XFAB prodotta dalla società DWS di Vicenza.
Al Museo del Carroponte il Physical Computing Lab del Politecnico userà la stampa 3D per permettere ai non vedenti di diventare designer «tattili» nell’evento «Design in the dark», mentre all’inaugurazione del negozio Idea Factory saranno presenti i gioielli stampati in 3D dalla società italiana .bijouets. La sua «sorella», .exnovo, presenterà la lampade stampate in 3D in due location (via Solferino 27 e Via Varese 12) e il FabLab Milano stamperà in 3D addirittura con la pasta all’uovo all’evento Mondo Pasta in zona Ventura Lambrate. Poi ci saranno i contest di design e stampa 3D: dal Valcucine, con Open Kitchen e le stampanti 3D di DWS, e sempre in zona Ventura, con il Motorcycle Design Workshop, realizzato dallo IED, l’EICMA e DiFerro Moto. Anche due delle location principali del Fuorisalone, Superstudio+ e la Fabbrica del Vapore ospiteranno eventi dedicati al 3D, il Design Contest 2014, con ospite il produttore di stampanti 3D WASP, e Sharing Design, dedicato al mondo open source e ai nuovi strumenti creativi condivisi.
di Davide Sher da corriere.it