Dalla radice di loto un nuovo materiale per strutture ossee stampate in 3D

Un gruppo di ricercatori dell’Università Politecnica di Wuhan, in Cina, sta lavorando a un progetto che unisce l’ingegneria dei materiali alla stampa 3D e alla medicina rigenerativa. Il fulcro della loro ricerca è l’utilizzo della radice di loto — una pianta acquatica ampiamente diffusa in Asia — per la realizzazione di scaffold personalizzati per la rigenerazione ossea.

Il team, attivo presso la Scuola di Scienze Alimentari e Ingegneria dell’ateneo cinese, ha studiato per oltre dieci anni le proprietà delle fibre estratte dal rizoma di loto, e ha ora sviluppato un sistema per trasformarle in una materia prima utilizzabile con la stampa 3D.


Un’alternativa naturale e biocompatibile ai materiali sintetici

Tradizionalmente, gli impianti ossei vengono prodotti utilizzando materiali metallici come l’acciaio. Sebbene resistenti, questi dispositivi presentano alcuni limiti: richiedono interventi chirurgici invasivi, possono generare incompatibilità biologiche e spesso necessitano di una seconda operazione per essere rimossi. Per questi motivi, negli ultimi anni la ricerca si è concentrata su materiali alternativi, tra cui ceramiche stampate in 3D, derivati dal corallo e, oggi, anche fibre vegetali.

La proposta del team di Wuhan si distingue per l’approccio biomimetico: le fibre di loto, dopo essere state trattate e trasformate in materiale stampabile, vengono utilizzate per produrre scaffold tridimensionali su misura, cioè adattati alla morfologia del difetto osseo del singolo paziente. La struttura microporosa ottenuta favorisce l’adesione e la proliferazione cellulare, stimolando il processo naturale di rigenerazione ossea.


Processo di degradazione controllata e integrazione nel tessuto osseo

Uno degli aspetti chiave del materiale a base di loto è la sua capacità di degradarsi gradualmente nel corpo umano in modo sincrono con la formazione del nuovo tessuto osseo. Ciò significa che, a differenza degli impianti metallici permanenti, non sarà necessario rimuovere chirurgicamente lo scaffold una volta completato il processo di rigenerazione. Questo contribuisce a ridurre i tempi complessivi di recupero e i costi associati al trattamento.

I ricercatori stanno attualmente conducendo test su modelli animali per valutare l’efficacia e la sicurezza del materiale in vivo. I risultati preliminari indicano una buona compatibilità con i tessuti biologici e una risposta positiva da parte delle cellule ossee, che tendono a colonizzare la struttura stampata con buona continuità.


Un approccio interdisciplinare che coinvolge anche l’industria alimentare

L’attività del gruppo di ricerca guidato dal professor Yi Yang non si limita alle applicazioni in ambito medico. Durante la sperimentazione, il team ha identificato una serie di potenzialità del loto anche nel settore alimentare. In particolare, è stato sviluppato un nuovo metodo di lavorazione del rizoma che consente di ridurre lo spreco d’acqua e di preservare le sostanze nutritive, solitamente eliminate durante l’estrazione dell’amido.

Questa tecnica ha portato alla creazione di una “farina integrale di loto”, che conserva l’intero profilo nutrizionale della pianta e migliora le caratteristiche sensoriali del prodotto finito. Il processo si presta inoltre alla stampa 3D alimentare, grazie alle proprietà reologiche del composto gelatinizzato, che conferiscono stabilità e precisione durante l’estrusione.


Dalla medicina alla gastronomia: nuovi prodotti stampabili a base di loto

L’uso innovativo della farina di loto ha aperto la strada a una serie di applicazioni nel campo dell’alimentazione. Tra i prototipi già sperimentati figurano snack funzionali arricchiti con probiotici, bevande istantanee e alimenti ibridi come polpette di pesce con infusione di loto. Questi prodotti sfruttano non solo le proprietà nutrizionali della pianta, ma anche la possibilità di modellare forme complesse grazie alla stampa 3D.

Il progetto dimostra come un’unica materia prima possa trovare applicazione sia nella produzione di dispositivi medici personalizzati, sia nell’industria alimentare di nuova generazione. L’intersezione tra scienze dei materiali, bioingegneria e tecnologia alimentare rappresenta un ambito sempre più esplorato da chi cerca soluzioni sostenibili e multifunzionali.

 

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Di Fantasy

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