Stampa 3D nello spazio: uno studio dell’Università di Glasgow verso le fabbriche orbitali

Un gruppo di ricerca dell’Università di Glasgow, guidato dal Dott. Gilles Bailet, sta sviluppando una tecnologia di stampa 3D specificamente progettata per funzionare in condizioni di microgravità. Questa innovazione mira a superare i limiti dei tradizionali lanci di razzi, consentendo la produzione diretta di componenti nello spazio.

Un nuovo approccio alla stampa 3D in microgravità

La tecnologia proposta utilizza un materiale granulare anziché i filamenti comunemente impiegati nelle stampanti 3D terrestri. Questo materiale è stato progettato per operare in maniera affidabile sia in condizioni di assenza di gravita che nel vuoto spaziale. Durante i test condotti nell’85a campagna di volo parabolico organizzata dall’Agenzia Spaziale Europea (ESA), il prototipo ha dimostrato la sua capacità di funzionare in ambienti estremi, grazie a esperimenti su voli che simulano brevi periodi di microgravità.

Il Dott. Bailet ha spiegato che, attualmente, ogni componente destinato allo spazio viene costruito sulla Terra e inviato in orbita tramite razzi, un metodo soggetto a vincoli di massa e volume e al rischio di danni durante il lancio. La possibilità di creare fabbriche orbitali eliminerebbe queste limitazioni, rendendo possibile la realizzazione di strutture direttamente nello spazio.

Vantaggi della produzione additiva nello spazio

La stampa 3D è nota per la sua capacità di creare strutture complesse in tempi brevi e a costi contenuti. Adottare questa tecnologia nello spazio potrebbe facilitare la costruzione di componenti necessarie per l’assemblaggio di veicoli e strutture orbitali. Tuttavia, le tecnologie terrestri devono essere adattate per funzionare in ambienti ostili come il vuoto spaziale, dove i filamenti tradizionali rischiano di rompersi o bloccarsi. La soluzione sviluppata dal team di Glasgow rappresenta un importante passo avanti verso l’affidabilità operativa in orbita.

Un ulteriore aspetto del progetto riguarda l’integrazione dell’elettronica durante il processo di stampa, permettendo la creazione di sistemi funzionali direttamente nello spazio. Parallelamente, i ricercatori stanno studiando soluzioni per evitare che i processi produttivi contribuiscano all’accumulo di detriti spaziali.

Applicazioni future e impatti tecnologici

Il team ha già condotto test approfonditi in laboratorio e in condizioni di microgravità, confermando l’efficienza del sistema. Questa tecnologia potrebbe consentire la stampa di antenne e altre componenti di veicoli spaziali direttamente nello spazio. I riflettori solari stampati in 3D, ad esempio, potrebbero essere utilizzati per raccogliere energia solare continua, contribuendo alla produzione di energia a basse emissioni di carbonio.

Un altro potenziale campo di applicazione è la chimica spaziale. I cristalli cresciuti in condizioni di microgravità tendono a essere più grandi e meglio organizzati rispetto a quelli prodotti sulla Terra, il che potrebbe portare allo sviluppo di farmaci innovativi. Tra le applicazioni ipotizzate, si è discusso della produzione di insulina altamente efficace, che potrebbe ridurre la frequenza delle iniezioni per i diabetici da tre volte al giorno a una volta ogni tre giorni.

Collaborazioni e supporto istituzionale

Questo progetto è sostenuto dall’Università di Glasgow e beneficia di finanziamenti dell’Agenzia Spaziale Britannica e di altre istituzioni. L’obiettivo principale è realizzare una prima dimostrazione della tecnologia nello spazio, ponendo le basi per future applicazioni industriali e scientifiche.

Di Fantasy

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