Prusa Research introduce l’Open Community License per i file CAD della CORE One (e la community risponde con una “SOCL” satirica)

Cosa cambia con la Open Community License (OCL) di Prusa Research
Il 19 dicembre 2025 Prusa Research (fondata da Josef Průša) ha pubblicato i file CAD completi del telaio delle stampanti CORE One e CORE One L, scegliendo però una licenza nuova, la Open Community License (OCL), invece delle più comuni GNU GPL o Creative Commons. La logica dichiarata è offrire accesso a file e modifiche “di comunità” mantenendo però un limite netto contro la clonazione commerciale dei progetti.

Permessi e divieti: cosa si può fare (e cosa no) con i file OCL
Nel testo di presentazione, Prusa Research elenca in modo esplicito gli usi consentiti: scaricare e studiare gli assiemi, modificarli e condividere le modifiche sotto la stessa OCL, usare i design in laboratorio o in un’azienda (anche per una print farm o una linea produttiva interna) e produrre pezzi di ricambio per mantenere operative le macchine. Il punto più controverso è il divieto: senza un accordo separato con il titolare dei diritti, non è consentito vendere macchine complete o “remix” commerciali basati su quei file.

Perché Prusa non usa una licenza “open source” standard sui CAD
Prusa sostiene che molte licenze nate per il software non si adattino bene all’hardware, perché la “libertà” di usare un progetto digitale si traduce, nel mondo fisico, nella possibilità di produrre oggetti a costi molto diversi a seconda dell’area geografica e della scala industriale. L’obiettivo dell’OCL è quindi ritagliare uno spazio intermedio: apertura per maker e aziende che vogliono usare e modificare internamente, ma stop alla vendita di copie o derivati come prodotti commerciali.

La tensione di fondo: “open source” e restrizioni commerciali
Qui entra una questione terminologica e legale: secondo la Open Source Definition della Open Source Initiative (OSI), una licenza non dovrebbe discriminare campi d’impiego, inclusi gli usi in ambito business. In pratica, quando una licenza introduce un vincolo “non commerciale” o limita la vendita, difficilmente rientra nella definizione classica di “open source” (almeno per il software, che è il perimetro formale dell’OSD). È una distinzione importante perché molte comunità associano “open source” a un insieme di diritti che includono anche la libertà di uso commerciale.

La risposta della community: la “Simplified Open Community License (SOCL)” di Stargirl Flowers
Il 23 dicembre 2025 Fabbaloo segnala che la nuova OCL ha generato una risposta molto diretta da parte di Stargirl Flowers (profilo GitHub: theacodes), sviluppatrice e sostenitrice dell’open source, che ha pubblicato la Simplified Open Community License (SOCL V1) come critica (in parte satirica) alla formulazione dell’OCL. L’idea di base è che il testo OCL contenga passaggi ambigui, ridondanti o contraddittori, e che in molti casi—dal punto di vista di SOCL—il risultato pratico sia vicino a un semplice “tutti i diritti riservati”, cioè a una logica più da copyright che da licenza aperta.

Cosa propone SOCL, in concreto: “forma lunga” e “forma corta”
Nel repository, SOCL viene presentata in due versioni: una “long form” che coincide sostanzialmente con una riga di copyright “© {anno} {titolare}, All Rights Reserved”, e una “short form” volutamente provocatoria: “nulla”, perché in molte giurisdizioni il copyright nasce automaticamente con la pubblicazione dell’opera. Il messaggio polemico è che, se l’obiettivo è riservare diritti e limitare l’uso commerciale, si può arrivare a un esito simile senza costruire un testo che si presenta come “community open” ma poi restringe pesantemente.

Un punto tecnico spesso ignorato: copyright, brevetti e hardware funzionale
Nel confronto riga-per-riga, SOCL insiste anche su un aspetto pratico: il copyright protegge testi e opere creative, ma non sempre copre in modo efficace la “funzionalità” dell’hardware; per questo entrano in gioco brevetti, design patent e marchi. Prusa, dal canto suo, dichiara che OCL include anche un grant brevettuale e strumenti per contrastare abusi (oltre a riferimenti al “Right to Repair”), ma riconosce che una licenza non è una barriera magica contro attori che ignorano deliberatamente le regole o operano in contesti difficili da far rispettare.

Alternative più “standard” nel mondo dell’open hardware: CERN OHL
Dentro SOCL compaiono anche suggerimenti di alternative “serie” per chi vuole una licenza hardware strutturata. Tra le più citate nel settore c’è la CERN Open Hardware Licence v2, che esiste in tre varianti (permissiva e due reciproche/copy-left in senso hardware) ed è pensata proprio per documentazione e progetti di hardware. Questo punto evidenzia il nodo centrale: non è detto che una licenza nuova sia inutile, ma se l’obiettivo è l’open hardware “classico”, esistono già framework con terminologia e impianto legale consolidati.

Quali scenari si aprono per Prusa Research e per i designer
Nel breve periodo, OCL può rendere più chiari alcuni casi d’uso pratici: mod, ricambi, accessori e utilizzo interno in aziende che stampano o producono con macchine Prusa, senza il timore di violare una “NC” interpretabile in modo rigido. Il punto critico resta l’equilibrio tra apertura e controllo: quanto la community percepirà OCL come un compromesso accettabile, e quanto invece come un arretramento rispetto all’open source tradizionale. La pubblicazione di SOCL—per quanto volutamente tagliente—mostra che il dibattito non è solo legale, ma culturale: cosa significa “condividere” nell’hardware quando la concorrenza industriale può replicare velocemente e su larga scala.

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Di Fantasy

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