Stampare componenti rinforzati con fibra di carbonio tramite processi tipo FFF/FDM (soprattutto con fibra continua) porta quasi sempre allo stesso compromesso: più si alza la velocità, più aumenta il rischio che gli strati non si saldino in modo adeguato. Il risultato tipico è un indebolimento lungo l’asse Z, maggiore porosità tra cordoni e delaminazioni, con parti rigide ma meno affidabili quando entrano in servizio su macchine e attrezzature. Nel contesto industriale questo limite è particolarmente pesante perché riduce l’efficienza del processo proprio dove la produzione additiva dovrebbe guadagnare tempo (attrezzaggi, ricambi, parti funzionali).

Lo studio: stampa rapida di CFRP con laser al posto del riscaldamento “a contatto”
Un articolo scientifico pubblicato sulla rivista Tractors and Agricultural Machinery descrive un setup di stampa 3D di compositi in fibra di carbonio (CFRP) in cui il calore non viene fornito solo da un riscaldatore resistivo tradizionale, ma anche tramite riscaldamento laser applicato durante il processo. L’obiettivo dichiarato è aumentare la velocità di stampa ottimizzando la fusione del materiale, mantenendo al tempo stesso qualità e proprietà meccaniche adeguate per componenti “da macchina”. Gli autori (Karelina, Yudin, Terentyev) indicano che, con questa impostazione, la velocità di stampa può arrivare a 30 mm/s e che i parametri della radiazione laser (potenza e velocità di scansione) influenzano direttamente microstruttura e resistenza dei provini.

Come funziona l’idea (in pratica): scaldare dove serve, quando serve
Il principio è concentrare energia termica nel punto di deposizione, invece di tentare di mantenere caldo tutto l’ambiente di stampa (camera riscaldata) o di affidarsi solo a temperature di ugello sempre più alte. Nel lavoro, una parte dell’energia laser viene assorbita dal sistema materiale: la radiazione attraversa la matrice polimerica (descritta come “trasparente” nel testo) e viene assorbita in modo efficace dalla fibra di carbonio, che si riscalda e trasferisce calore alla matrice circostante. In questo modo la matrice raggiunge più rapidamente lo stato necessario a migliorare la saldatura tra passate/strati, riducendo vuoti e migliorando la coesione interna. Gli autori descrivono anche l’uso di un rullo caldo per compattare il materiale, con l’obiettivo di diminuire la porosità e rafforzare l’adesione tra cordoni.

Materiali e dettagli tecnici citati: fibra SINOPEC e matrice NatureWorks, più simulazione termica
Nel testo sono riportati esempi concreti dei materiali impiegati: come rinforzo viene citata una fibra di carbonio continua T300 (1k) prodotta da SINOPEC, mentre la matrice indicata è PLA NatureWorks 4032D. Viene anche stimata una frazione volumetrica di fibra ~16,2% (con diametro del singolo filamento 7 µm, secondo la descrizione). Per analizzare la distribuzione di temperatura con diverse potenze laser e velocità, gli autori riportano l’uso di COMSOL per modellare il campo termico, così da cercare parametri “ottimali” senza procedere solo per tentativi.

Risultati e limiti: più potenza e più velocità possono aumentare la resistenza, ma esiste una soglia di degradazione
I risultati riassunti nell’abstract indicano che l’aumento di potenza laser e velocità di processo può portare a un incremento della resistenza grazie a legami interstrato più efficaci (fusione più uniforme). Allo stesso tempo, però, viene evidenziato il limite tipico del riscaldamento localizzato: troppa potenza porta a surriscaldamento e decomposizione della matrice polimerica, con calo di resistenza e durabilità. Questo punto è cruciale perché sposta l’attenzione dal “mettere più calore” al “mettere il calore giusto”, imponendo controllo di processo (settaggi ripetibili, allineamento del fascio, coerenza termica tra traiettorie).

Perché è rilevante oltre questo singolo lavoro: laser e fibre come “elemento termico” compaiono anche in altri filoni
Il tema del laser come aiuto alla deposizione o alla consolidazione non è isolato. In letteratura esistono approcci in cui il laser pre-riscalda prima della deposizione per migliorare la forza meccanica in compositi rinforzati, e lavori che descrivono l’uso del laser per aumentare adesione e ridurre difetti nella stratificazione. In parallelo, in altri ambiti della stampa di compositi, si vedono strategie dove la fibra di carbonio funge da “conduttore” di calore per attivare la polimerizzazione o la cura della resina in modo molto rapido, usando laser (ad esempio diodo blu) per innescare riscaldamento fototermico localizzato: è un paradigma diverso dal CFRP termoplastico, ma conferma la stessa direzione tecnica—energia mirata nel punto utile, per ridurre tempi senza perdere prestazioni.

Implicazioni industriali: produttività, ripetibilità e integrazione macchina
Se il riscaldamento laser viene integrato in modo affidabile, il beneficio potenziale è portare la stampa di CFRP verso tempi ciclo più brevi mantenendo (o recuperando) prestazioni meccaniche, soprattutto dove la qualità interlaminare è determinante. Tuttavia l’adozione pratica richiede gestione di aspetti non banali: sicurezza laser, calibrazione e stabilità dell’allineamento, controllo termico per evitare degradazione della matrice, e compatibilità con strategie di percorso e compattazione (come il rullo caldo citato). In uno scenario produttivo, la metrica decisiva non sarà solo la velocità massima, ma la combinazione tra tasso di scarto, proprietà ottenute e ripetibilità su geometrie reali (non solo provini).

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Di Fantasy

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