E poi non dite che non andiamo verso un mondo di narcisi
Il drone-boomerang che fa i selfie vince 500mila dollari, l’Italia invece li perde
SAN FRANCISCO. Ci sono momenti in cui farsi un selfie è quantomeno ardito: una scalata su una roccia, una maratona, una corsa in mountain bike. Oppure impossibile: una foto da due metri, poi da 6, poi da 10, 50, così via. Il drone da polso Nixie nasce per questo e si è aggiudicato un finanziamento da 500mila dollari vincendo il primo premio alla Make It Wearable, competizione promossa da Intel per trovare idee in grado di ridefinire il concetto di wearable. I partecipanti hanno sviluppato i prototipi usando la scheda Edison prodotta dall’azienda di Santa Clara (una sorta di mini pc multipiattaforma dedicato agli sviluppatori nel mondo dell’internet of things).
Purtroppo non c’erano start-up italiane alla premiazione a San Francisco, per via delle leggi italiane in materia di concorsi a premio. Gli organizzatori per avere l’Italia avrebbero dovuto presentare una grande quantità di documenti in anticipo, dare una cauzione, mettere in mezzo notai e soprattutto fare una fideiussione del valore complessivo dei premi. Non è una scoperta recente: nel 2007, quando Google lanciò il primo concorso per le app di Android con montepremi da 10 milioni di dollari, l’Italia non potè partecipare .
Tornando a Nixie, si tratta di un’idea sviluppata da Christoph Kohstall, Phd e ricercatore a Stanford, che coordina un team di altre 8 persone. E’ un braccialetto, una specie di orologio, che una volta slacciato diventa un drone. E’ in grado di capire la posizione del suo proprietario in modo da seguirlo, facendo video o foto per poi tornare da lui come fosse un boomerang. Il prodotto è in fase di sviluppo. Si inserisce nel solco scavato da GoPro, ovvero telecamere in grado di riprendere immagini in movimento seguendo il protagonista, ideali per gli sport avventurosi. GoPro è nata per questa ma poi si è allargata diventando un successo anche per il mondo consumer non professionale.
Al secondo posto si è classificata Open Bionics, con 200mila dollari. L’idea nata dal Bristol Robotics Laboratory dell’università di Bristol è usare la stampa 3D per realizzare prodotti realizzati sulle specifiche esigenze di persone amputate. Il vantaggio è soprattutto il basto costo: gli arti artificiali costano circa mille dollari. Infine il terzo premio, 100mila dollari, per i tedeschi di ProGlove. Si tratta di un guanto da usare in fabbrica, per gli operai che muovono merci. Viene riempito di sensori in modo che al tocco ogni prodotto dotato di un qualsiasi codice possa dare informazioni. Mike Bell, capo della divisione new devices di Intel (ex vicepresident di Apple) si è detto fiducioso che il wearable sia una trend destinato a crescere molto nei prossimi anni, “specie nel caso di prodotti nati non per fare tutto, ma una specifica funzione meglio di chiunque altro. Il principale problema da risolvere è la scarsa durata della batteria”.
Luca Salvioli da ilsole24ore.com