Dopo che uno gira per anni in Internet qualche volta all’improvviso scopre una perla anzi due . La prima è il sito Leganerd.com che sicuramente si stacca per originalità con l’omologazione imperante , il secondo è  hattorifranzo che ha scritto secondo noi i migliori articoli su  come stampare in 3d trovate la serie di articoli a questo indirizzo http://leganerd.com/author/hattorifranzo/

Immagine1 hattorifranzo leganerd comStampa 3D per babbani: Introduzione

Il 3D printing rivoluzionerà il mondo? Boh! Io al momento stampo braccialetti.

È da qualche anno che seguo il mondo della stampa 3D, da quando uno sconosciuto sito americano prometteva di stampare il proprio personaggio di World of Warcraft. Era il 2006, ed il risultato era quello che vedete qua a destra.

Ovviamente la stampa 3D è molto più vecchia, se ne parla dagli anni 80, ma le prime applicazioni commerciali di questa tecnologia per la massa arrivano intorno alla metà degli anni 2000 appunto.

La mia intenzione non è distinguere i vari tipi di stampa 3D presenti sul mercato, le diverse tecnologie, i materiali, i processi, ecc.. Il mio scopo è quello di raccontare man mano la mia esperienza con la stampa 3D: i problemi incontrati/che incontrerò, i grandi, grandissimi smadonni risultati finora accumulati, il dolore, la frustrazione di quando n… vabbé, avete capito.

È strano vedere materializzata di colpo un’idea sulla quale eri solito fantasticare nei momenti di calma a spasso col cane. I segnalibri sul browser sono lì da anni, ormai non ci fai nemmeno caso, sono diventati parte del campo visivo laterale o poco più.

Poi un bel giorno, in macchina, sono rimasto particolarmente ispirato da una canzone di cui non ricordo nemmeno il titolo che davano alla radio e… Bam! Sticavoli, facciamolo.

Circa un mese dopo la “folgorazione” arriva il corriere è molla un pacco di dimensioni generose davanti al cancello di casa. E’ arrivata la bimba.

E’ una Sharebot Pro, stampante italiana con 2 estrusori, piano di stampa riscaldato, optional a pagamento su altri modelli e molto importante per stampare correttamente determinati tipi di materiale, una precisione nominale sull’asse Z discreta ed un prezzo competitivo, non si poteva chiedere molto di più.

Avendo un’elettronica derivata o praticamente uguale, devo ancora appurarlo, ad una Makerbot Replicator Dual si possono usare i firmware e i tool specifici della MakerBot, che non è certo un male.

Le istruzioni non sono esattamente prolisse, il minimo per non far saltare tutto in aria e partire in sicurezza con la prima stampa. Dopo sono più o meno fatti tuoi: leggi, documentati, sperimenta, prova, leggi, leggi e leggi ancora.

A distanza di un mese so ancora pochissimo di questa macchina, imparo qualcosa ogni giorno.

Il principio di funzionamento

È il cosiddetto modello FDM, Fused Deposition Modeling, termine registrato dalla Stratasys, una delle più grandi compagnie del mondo attive nella stampa 3D. Per i babbani si parla di FFF, Fused Filament Fabrication, che è esattamente la stessa cosa dell’FDM, ma non è stato registrato.

Il concetto dicevamo è uguale, un filamento di materiale plastico (in genere) viene spinto all’interno di una camera dove viene fuso (a seconda del materiale usato stiamo parlando di temperature comprese tra i 200 e i 260 °C) e fatto passare attraverso un ugello che lo deposita sul piatto di stampa.

La testina di stampa si muove sul piano x/y e deposita il primo “piano” del modello da stampare. Successivamente il piano di stampa si abbassa e la testina comincia ad estrudere il secondo layer, via cosi fino alla fine.

L’altezza del layer è un parametro molto importante per la qualità della stampa, si va dai 0,40 mm per stampe di prova a 0,10 mm per una buona/ottima qualità. Si può fare anche di meglio, ma tutto deve essere settato e calibrato alla morte.

I tempi di stampa dipendono dalla precisione voluta e dalla grandezza del modello, si va dai 15 minuti per un piccolo parallelepipedo 3x2x2 cm a 0,25mm di precisione a qualche era geologica per stampe grandi – tenuto conto che la dimensione massima stampabile è 20x20x20cm.

Sinceramente non mi sono ancora avventurato nel magico mondo del “torna a controllare tra 17 ore” e non penso di farlo a breve, sono ancora troppo inesperto.

Un’altra cosa da tenere conto è la velocità, cioè a quanti mm/sec deve viaggiare l’estrusore quando stampa. Un valore fino ai 40 mm/sec è considerato medio-lento, dai 50 ai 100 mm/sec si parla di stampa accelerata (anche qui la stampante deve essere configurata a dovere ), oltre i 100 mm/sec la stampante comincia a vibrare in maniera preoccupante.

Qui sotto la mia prima stampa in assoluto, un braccialetto, l’hello world della stampa 3D.

Materiali utilizzati per la stampa

Il filamento usato è ABS rosso, la stessa plastica dei lego per intenderci. I materiali tipicamente usati nell’attuale stampa 3D fff sono l’Abs e il Pla:

Acido Polilattico (PLA): è un polimero biodegradabile che può essere prodotto da acido lattico ( fermentabile da colture come il mais)
Acrilonitrile-butadiene-stirene (ABS): è un materiale termoplastico resiliente e inerte chimicamente; utilizzabile sotto carico, anche sopra i 100 °C. Trova impiego nella costruzione di pannelli, lastre, nell’industria automobilistica e degli elettrodomestici.

Il PLA sulla carta è un ottimo materiale, peccato che il rotolo di prova che ho preso non ne voglia sapere anche solo di essere caricato nell’estrusore. Leggendo in giro pare che risenta molto dell’umidità e che possa “scadere” come una scatoletta di tonno, bisognerà verificare.

L’ABS non ha di questi problemi (anche se la questione umidità permane) e il filamento viene caricato ed estruso senza problemi, ci sarebbe solo la piccola postilla che a 230°C c’è una puzza di plastica bruciata mica da ridere, fatto che viene prontamente affrontato dalle istruzioni della stampante con un rassicurante” in caso di stampa con l’abs si consiglia di aerare il locale”.

A occhio e croce dovrò prendermi un respiratore industriale alla breaking bad, almeno adesso ho una scusa per l’incauto acquisto!

Passare dal modello 3D alla stampa

Non tutti i modelli 3D che si trovato in internet sono stampabili (non con questo tipo di stampanti almeno). Il modello deve avere una mesh corretta, wikipedia ci dice che per mesh si definiscono:

Primitive grafiche che consentono di risolvere con grande efficienza i procedimenti di visualizzazione delle forme modellate: sono strisce di triangoli o maglie di quadrilateri con cui rappresentiamo un poliedro qualsiasi o con cui approssimiamo superfici curve.

Nella stampa 3D si utilizzano mesh triangolari. Normalmente i modelli 3D (estensione .stl) scaricati da internet/thingiverse hanno bisogno di una controllatina alla mesh con tool come netfabb o l’ottimo 3D Print Utility dell’Autodesk, che si occupano di controllare che non ci siano “buchi” nella mesh, che porterebbero ad un g-code sbagliato e quindi ad un bel buco nel modello stampato.

Bel buco di cui abbiamo una diapositiva.

Eseguito questo controllo si passa allo slicing. Uno slicer è un tool che serve ad “affettare” il modello 3D, a dividerlo in tanti layer orizzontali che verranno tradotti in coordinate geometriche da passare alla stampante, il g-code. Il g-code non è altro che una serie sterminata di istruzioni pratiche per la stampante: vai dal punto A al punto B estrudendo X quantità di plastica a temperatura pari ad Y, e cosi via.

La catena di comando è quindi la seguente:

Controllo Mesh-> Slicing -> Generazione e controllo g-code -> Print!

Non basta quindi aprire il modello 3D .stl e premere “stampa”, bisogna buttare un occhio al g-code per avere una visione reale di come la stampante si comporterà durante il processo. Una visita ad uno dei tanti g-code viewer a disposizione in rete dovrebbe chiarire quello che voglio dire.

Il software conta tantissimo, e conta ancora di più saperlo usare bene. Qui due test di stampa dello stesso modello 3D con due software diversi, due motori di slicing diversi e quindi due g-code profondamente dissimili, ma con le impostazioni di base uguali, scala a parte:

Come infarinatura generale la chiudo qui, scusate se non sono stato preciso nella nomenclatura dei componenti o dei processi coinvolti, non sono sceso in tecnicismi semplicemente perché non li so ancora nemmeno io!

Spero solo si sia capito il concetto alla base di questa tecnologia, al momento ancora acerba e per qualche verso casalinga, dove ognuno ha le proprie “ricette” personali per risolvere alcuni problemi tipici di cui parlerò nelle prossime puntate!

 hattorifranzo da leganerd.com

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