Stampante 3d solare e portatile 02La stampante 3D, solare e portatile
Addictive manifacturing e fotovoltaico alla conquista dell’off-grid? Una stampante 3D pieghevole e portatile, alimentata da batterie e moduli fotovoltaici. Un oggetto che incarna la rivoluzione nel modo di produrre che si sta delineando: quello della manifattura diffusa. Una innovazione dai laboratori della Michigan Technological University.

Una stampante 3D che sta in uno zaino assieme ai moduli fotovoltaici che la alimentano. Renderà possibile produrre sul posto esattamente quello che serve anche dove la rete elettrica non arriva. Potete pensare ad esempio di portala a un pic-nic per stamparvi posate e stoviglie sul posto, ma sicuramente ci sono tantissimi utilizzi molto più strategici. Pensiamo ad un tecnico che debba operare in una delle moltissime comunità rurali che non hanno accesso all’elettricità e che con la stampante portatile alimentata a fotovoltaico potrà realizzare sul posto proprio il pezzo di ricambio che gli serve; oppure all’uso che se ne potrebbe fare in un ospedale da campo per stampare on demand gli ausili che servono.

Dai laboratori della Michigan Technological University (MTU) arriva un piccolo macchinario che incarna appieno la rivoluzione nel modo di produrre che si sta delineando: quella della manifattura diffusa, possibile grazie alle stampanti tridimensionali, abbinata alla generazione elettrica distribuita, che utilizza le rinnovabili, fotovoltaico in primis e dai sistemi di accumulo . Con le stampanti realizzate da un team guidato da Joshua Pearce della MTU infatti il cosiddetto additive manufacturing diventa potenzialmente possibile anche a quel miliardo di persone che ancora non hanno accesso all’elettricità.

Il team MTU ha realizzato due versioni di stampante 3D entrambe basate su software open-source e alimentate da moduli fotovoltaici portatili. Una è di dimensioni medie e può essere spostata con un’auto; un’altra è veramente piccola e, come detto, sta in una valigia (vedi immagini sotto). Il modello più grande ha ovviamente prestazioni migliori e può stampare oggetti più grandi ma l’oggetto più affascinante è sicuramente la versione mini. Questa tra l’altro essendo una macchina di tipo RepRap (Replicating Rapid-prototyper) è in grado di autoreplicarsi: cioè con la piccola stampante si può stampare un’altra stampante (ad essere precisi le RepRap attuali possono stampare circa il 50% delle proprie componenti, mentre quelle mancanti sono progettate in modo da essere poco costose e facili da ottnere. Le prossime versioni di queste macchine, alcune delle quali già ora stampano anche i propri circuiti elettrici, saranno in grado di autoreplicare percentuali sembre maggiori delle proprie componenti).

La versione ‘grande’, montata su un carrellino, è alimentata da un modulo FV da 220 W collegato a batterie che, una volta caricate, le permettono di funzionare per 35 ore di fila (vedi qui sotto).

Il kit comprende, oltre ad un pc portatile per comandarla, la stampante, una RepRap pieghevole, 5 moduli da 20 W del tipo a film sottile e 4 batterie al litio di quelle usate per alimentare i pc portatili 4.8 V 6600 mAh: Ecco la foto della stampante:

Per ora le stampanti 3D fotovoltaiche e portatili saranno usate solo in poche applicazioni di nicchia, ma il loro potenziale è sicuramente grande. Con l’aumento delle prestazioni e il calo dei prezzi che si avranno sia nel campo delle stampanti 3D, che in quello del fotovoltaico e delle batterie non sarebbe inverosimile se tra qualche anno macchine del genere diventassero di uso comune.

Il progetto di Pearce e colleghi è raccontato in un articolo dal titolo Mobile Open-source Solar-powered 3D Printers for Distributed Manufacturing in Off-grid Communities, uscito sul numero di ottobre della rivista scientifica Challenges in Sustainability, ed è interessante anche  andare a dare un’occhiata al laboratorio da cui sono uscite le due nuove stampanti solari. Il lavoro dei ricercatori della MTU (come quello di tutto il movimento dei Makers, culla della stampa 3D) è basato sulla filosofia dell’open source, cioè della condivisione libera delle informazioni, che grazie alla collaborazione di una comunità aperta permette la massima velocità nell’innovare e nel diffondere le nuove tecnologie.

da qualenergia.it

Lascia un commento