wsu Washington State UniversityStampanti 3D, ecco la fabbrica
degli organi umani

Il campus della Washington State University sembra un’università come tante altre: viali alberati, laboratori e scienziati sulle panchine in pausa pranzo.In realtà all’ombra delle luci in pixel emesse da monitor con straordinaria potenza di calcolo si nasconde un grande segreto: nei corridoi della scuola di specializzazione Mechanical and Materials Engineering si sta progettando l’ultimo scatto dell’evoluzione.

Tessuto umano, innesti di ossa e addirittura organi artificiali prodotti in futuro da stampanti in 3D. L’ultimo sviluppo della medicina rigenerativa vede un team di scienziati impegnati a realizzare parti del corpo in laboratorio elaborando elementi chimici e biologici da far incontrare come in nuovo esplosivo Big Bang a misura d’uomo. Alla base degli studi che potrebbero rivoluzionare la scienza medica c’è il nuovo prodigio della tecnologia, la stampante in grado di creare oggetti, in uso da tempo negli studi di architettura per riprodurre modellini, che ha recentemente conquistato nuova vita .

E’ stata usata recentemente per creare la prima pistola fatta in casa, ma anche per stampare cioccolato. Plastica o polveri di cibo al posto dell’inchiostro, ma a Washington c’è un nuovo modo di pensare il futuro, utilizzando le stampanti 3D come macchine in grado di riprodurre parti del corpo umano. L’Uomo bicentenario di Isaac Asimov non è ancora tra noi, ma lo sviluppo delle bio-stampanti può riservarci grandi sorprese. Anche il presidente degli Usa Barack Obama nel suo ultimo Discorso sullo Stato dell’Unione ha elogiato la stampa 3D «che ha il potenziale per rivoluzionare il nostro modo di fare quasi tutto». Obama ha citato il primo laboratorio di produzione innovativa a Youngstown, Ohio e chiesto aiuto al Congresso per realizzare un network di aziende per favorire la «rivoluzione nella produzione made in Usa».

LA PROCEDURA
I professori Susmita Bose e Amit Bandyopadhyay dell’università di Washington studiano la possibilità di produrre tessuti, vasi sanguigni e condutture nervose attraverso lo sviluppo dell’ingegneria molecolare. Si parte, come nei progetti sviluppati per le stampanti 3D tradizionali, da un disegno tridimensionale della parte interessata. In particolare la dottoressa Bose racconta che alla base dell’ingegneria di tessuti c’è biofisica, biologia cellulare e la sofisticata tecnologia delle bio-stampanti.

Nel bio-ink (bionchiostro) ci sono gocce composte da decine di migliaia di cellule umane: si tratta di cellule del paziente che vengono usate per creare i nuovi tessuti, cosa che dovrebbe evitare il problema del rigetto immunitario. Il collega Bandyopadhyay racconta di file generati da una risonanza magnetica che ha ricevuto da un neurochirurgo in India. Attraverso l’uso di quei file è stata stampata una placca di titanio, una sezione di cranio riprodotta per un paziente che aveva avuto un incidente automobilistico. Il team a Washington è impegnato in modo particolare sulla possibilità di usare la stampante in 3D per correggere difetti delle ossa.

Inchiostri a base di cellule, tessuti progettati al computer e poi “stampati” è questo il futuro della medicina? Vladimir Mironov direttore del MUSC Bioprinting Center dell’università del South Carolina pubblica online un manuale dal titolo curioso che rende bene l’idea: come stampare gli organi. A realizzare le prime bio-stampanti 3D sono state due società, la californiana Organovo e l’australiana Invetech. Il professor Gabor Forgacs, dell’Università del dipartimento di Fisica Biologica del Missouri-Columbia, dal 2009 attraverso la nascita della Organovo sta studiando le applicazioni della stampa in 3D nella medicina rigenerativa. Il 22 aprile ha annunciato la creazione, anzi la stampa, di tessuto epatico.

ALL’INIZIO FU IL LOBO
Alla Cornell University, nello stato di New York, il dottor Lawrence Bonassar del Dipartimento di Ingegneria Biomedica ha utilizzato una stampante 3D per creare il lobo di un orecchio. Il primo passo è stato la scansione della testa del paziente al fine di creare un modello computerizzato. La Wake Forest Institute for Regenerative Medicine in California è stata la prima a trapiantare vesciche prodotte in laboratorio. Ora sono impegnati a generare tessuti con stampanti in 3D da trapiantare su persone ustionate. Il direttore dell’istituto, il chirurgo Anthony Atala, ha mostrato in un video un esperimento in fase iniziale: una stampante 3D che stampa un rene. Secondo Gordon Wallace, direttore del Centro di scienze degli elettromateriali dell’Università di Wollongong in Australia «entro il 2025, sarà possibile fabbricare articolazioni, ossa e anche organi». Digitali già lo siamo, saremo tutti un giorno un po’ cyborg?

di Laura Bogliolo da ilmessaggero.it

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