Una rivoluzionaria tecnica di stampa 3D di metalli su scala nanometrica sta aprendo nuove prospettive sorprendenti nell’ambito della produzione. Gli studiosi del California Institute of Technology (Caltech) hanno presentato questa innovazione verso la fine dell’anno scorso, introducendo una metodologia di fabbricazione capace di creare pezzi metallici microscopici con uno spessore equivalente a tre o quattro fogli di carta.

Oggi, questo stesso team ha portato avanti questa tecnica, estendendo la sua portata per consentire la stampa di oggetti molto più piccoli, con dimensioni di soli 150 nanometri, che sono comparabili alle dimensioni di un virus influenzale. In questo processo, hanno fatto una scoperta straordinaria: le strutture atomiche all’interno di questi oggetti sono disordinate. In una scala più ampia, ciò renderebbe questi materiali considerati deboli e di scarsa qualità. Tuttavia, quando si tratta di oggetti metallici di dimensioni nanometriche, questa disordine atomico ha un effetto opposto, conferendo loro una resistenza da tre a cinque volte superiore rispetto alle strutture simili con un ordine atomico più rigoroso.

Questa notevole innovazione è stata sviluppata nel laboratorio di Julia R. Greer, un’eminente professore di scienza dei materiali, meccanica e ingegneria medica al Caltech e direttrice della Fondazione Fletcher Jones del Kavli Nanoscience Institute. Il risultato di questo lavoro è stato recentemente pubblicato su Nano Letters.

La nuova tecnica, sebbene basata su una versione precedente annunciata dallo stesso team lo scorso anno, richiede una rielaborazione completa di ogni fase del processo per funzionare su scala nanometrica. Questa sfida ha portato a una peculiarità: gli oggetti prodotti sono così minuscoli che non possono essere visti a occhio nudo e richiedono strumenti specializzati per essere manipolati.

Il processo inizia con la creazione di una miscela fotosensibile, principalmente composta da idrogel, un tipo di polimero che può assorbire molte volte il suo peso in acqua. Questa miscela viene poi indurita in modo selettivo tramite l’uso di un laser, creando una struttura tridimensionale che corrisponde alla forma degli oggetti metallici desiderati. In questo caso, si trattava di piccoli pilastri e nanoreticoli.

Le parti di idrogel vengono poi impregnate con una soluzione acquosa contenente ioni di nichel. Dopo aver saturato le parti con questi ioni metallici, vengono sottoposte a cottura, bruciando completamente l’idrogel e lasciando le parti nella loro forma originale, sebbene notevolmente più piccole, costituite interamente da ioni metallici ora ossidati (legati agli atomi di ossigeno). Nella fase finale, gli atomi di ossigeno vengono rimossi chimicamente dalle parti, trasformando l’ossido metallico in una forma completamente metallica.

Ciò che è sorprendente è che questa complessa serie di processi conduce a una struttura interna estremamente disordinata nelle parti, caratterizzata da difetti come pori e irregolarità nella struttura atomica. Questi difetti, che solitamente indebolirebbero una parte metallica su una scala più ampia, in realtà rafforzano le parti su scala nanometrica. In particolare, la presenza di questi difetti impedisce alla rottura di propagarsi agevolmente attraverso la struttura, distribuendo la deformazione in modo più uniforme in tutto il materiale.

Julia R. Greer sottolinea che questa tecnica potrebbe essere fondamentale per la stampa 3D di strutture metalliche su scala nanometrica e potrebbe essere utilizzata per la produzione di una vasta gamma di componenti utili, tra cui catalizzatori per l’idrogeno, elettrodi di stoccaggio per ammoniaca senza carbonio e parti essenziali per dispositivi come sensori, microrobot e scambiatori di calore.

Inoltre, questa scoperta sfida le aspettative tradizionali sulla microstruttura dei materiali metallici, aprendo nuove possibilità nell’ambito della nanofabbricazione. Finanziato dal Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti, questo lavoro potrebbe portare a progressi significativi nella produzione di materiali avanzati su scala nanometrica.

Wenxin Zhang, studentessa laureata in ingegneria meccanica, lavora nel laboratorio di nanofabbricazione.Credito: Caltech

Di Fantasy

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