Le stampanti 3D della ProtoserviceProtoservice la stampa 3D diventa catena di creazione
HA IL PARCO MACCHINE PIÙ AMPIO D’EUROPA, I SUOI 9 SISTEMI PERMETTONO DI LAVORARE ALTRETTANTI PRODOTTI CON MATERIALI DI BASE DIFFERRENTI. E PUNTA AD ARRIVARE A 25 STAMPANTI IN CONTEMPORANEA A BREVE. SERVIRÀ UNA NUOVA SEDE E CENTO POSTI DI LAVORO

Parma Dai pezzi per Ferrari e Ducati alle protesi biomedicali, passando per materiali ad hoc legati all’aeronautica. Le stampanti 3D della Protoservice ormai sfornano a getto continuo prodotti metallici applicati in decine di campi industriali. Dall’ordine al momento della consegna passano poco più di due settimane. Una velocità che ha reso l’azienda parmense, nata a Fornovo di Taro, uno dei leader europei in un settore, per ora, di nicchia: il fatturato è di 2,2 milioni ma l’anno prossimo prevede una crescita del 40%. Questo piccolo miracolo si deve a Mauro Antolotti, 57 anni, presidente della Protoservice (che ha rilevato anni fa da un ex collaboratore). «L’azienda nasce nel 1997 – racconta – producendo prototipi in plastica attraverso la stampa 3D». Sono i primi in Italia a installare queste macchine. «Ma gli impianti invecchiano alla velocità della luce, perciò abbiamo investito in nuovi modelli». Inizia così la produzione dei pezzi in piccole serie tramite la stampa 3D additiva (non più in plastica ma in metallo). «Il primo impianto laser – ricorda l’imprenditore – costò 480mila euro e ci permise di fare esperienza, allora nessuno conosceva questa tecnologia. Ora installiamo un nuovo sistema ogni due anni». Intanto sono entrati nel biomedicale: «Assistiamo i clienti nella fase di design e poi produciamo la protesi ». Ma già a monte c’è una stretta collaborazione per adattare
i progetti a questa tecnologia. Metodo che ha permesso all’azienda di entrare nel circuito di Formula Uno. «Facciamo particolari importanti per la Ferrari, come per le moto sportive Piaggio e Ducati». Il “parco macchine” Protoservice – uno dei più grandi in Europa – oggi conta nove sistemi hi-tech per la stampa 3D, con un valore che sfiora i 5 milioni di euro: «Questo ci permette di lavorare in contemporanea sui diversi materiali». Ogni macchina, infatti, è dedicata a una polvere metallica, dall’alluminio all’acciaio, fino al titanio e alle leghe di cobalto. La tecnica 3D permette di sfornare a getto continuo pezzi molto complessi, evitando stampi e modelli. Si abbattono così costi e tempi di produzione (almeno su piccola scala). «Investiamo tanto in ricerca e sviluppo, sembriamo un laboratorio universitario». Su 16 dipendenti, si contano più ingegneri che operai specializzati. Nel 2015, prevede Antolotti, «cresceremo di un altro 40%, superando i 3 milioni di ricavi ». Ma la rivoluzione, assicura, è solo agli inizi: «A livello mondiale oggi il settore biomedicale produce solo l’1% delle protesi con la tecnologia additiva, una quota che salirà al 30% nei prossimi anni». Gli investimenti, per stare al passo in un mercato così in espansione, sono decisivi: «Sarà difficile starci dietro, ma stiamo già progettando una nuova sede per installare fino a 25 impianti. Potremmo creare 100 posti di lavoro in pochi anni».

Enrico Miele da repubblica.it

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