La-stampante-3D-di-Lego la legobot di realizzata Matthew Krueger

Ragazzi Lego non scherza sa che nel suo business dovrà vendere idee e non pezzi

 

Così Lego stamperà in 3D tutti i suoi giocattoli
Abbiamo chiesto a Lego in che modo sfrutterà la stampa 3D in futuro e abbiamo scoperto che la usano già. Ecco come

Da un punto di vista puramente commerciale è la domanda da un milione (anzi, probabilmente, da diversi miliardi) di euro: in che modo Lego sfrutterà a suo vantaggio le possibilità offerte dalla stampa 3D? In passato l’azienda danese, nata nel 1934, è stata più volte in grado di reinventarsi seguendo gli sviluppi tecnologici, a partire dall’adozione della plastica (acetato di cellulosa) per i suoi mattoncini nel 1949 e a quella della stampa a iniezione (injection molding) nel 1947. Durante lo scorso decennio, in un momento storico che ha visto i videogiochi e i giocattoli interattivi affermarsi come possibili antagonisti, Lego ha reagito abbracciando le nuove tecnologie e, invece di soffrire per la concorrenza, è cresciuta in maniera esponenziale.

Ad oggi sono stati venduti circa 560 miliardi di mattoncini Lego nel mondo, ma anche i suoi videogiochi, realizzati in collaborazione con alcuni dei più celebri game developer e publisher, hanno venduto milioni di copie, ottenendo spesso l’apprezzamento della critica specializzata. Nuovi software come LEGO Digital Designer (che in pratica è un avanzato programma gratuito di grafica 3D ba base di mattoncini Lego virtuali) hanno iniziato diffondersi.

Non sempre le nuove idee digitali sono state un successo, come nel caso del mondo virtuale online Lego Universe, chiuso dopo aver completamente disilluso le attese, ma in generale il bilancio è positivo, considerando anche i progetti di robotica legati alla serie Mindstorms e le possibilità aperte dal progetto LEGO Google Build with Chrome.

La sfida più grande

Con l’avvento delle nuove tecnologie di stampa 3D, però, Lego si trova di fronte alla più grande sfida che abbia mai affrontato. Se si aprirà a un mercato digitale per i suoi modelli – cioè permettendo di acquistare un modello virtuale e di stamparlo (come pezzo unico o mattonino per mattoncino) nei negozi di giocattoli, nei 3D Print Shop o addirittura in casa – si esporrebbe allo stesso rischio di pirateria digitale che ha colpito le industrie dei contenuti. Allo stesso tempo aprirebbe le porte a molteplici, nuove possibilità di business e riuscirebbe a raggiungere milioni di nuovi potenziali appassionati, esattamente come accaduto per musica, film, videogiochi.

Il passaggio, qualsiasi sia la decisione che Lego prenderà, sarà semplice. Basterà fare in modo che che i modelli creati attraverso software come Lego Digital Designer o Google Build with Chrome siano esportabili come file .OBJ, .STL o .3DS per essere stampati in bassa qualità via FDM (Fused Deposition Modeling), fondendo le plastiche ABS o PLA, e nel giro di uno o due anni, anche in altissima risoluzione attraverso le nuove stampanti 3D stereolitografiche, che usano resine che si solidificano quando vengono esposte ai laser o ai raggi UV.

Resta la questione dei costi: stampare un mattoncino Lego in alta risoluzione oggi costa molto di più che acquistarlo originale. Allo stesso tempo andranno considerate anche diverse soluzioni intermedie, come ad esempio la possibilità di stampare i giocattoli nei negozi attrezzati con stampanti 3D industriali o magari solo di stampare un singolo mattoncino necessario per portare a termine un particolare progetto. O, ancora, la possibilità di creare mattoncini con forme che le fabbriche Lego non producono, come, d’altra parte, succede già da tempo s network di Shapeways, Cubify e Thingiverse.

Rischi e opportunità

Quindi, la stampa 3D per Lego è più un rischio o un’opportunità? “Apprezziamo la concorrenza leale e crediamo che sia un fattore positivo per noi, per i nostri utenti e per l’industria del giocattolo in generale”, spiega Roar Rude Trangbæk, Lego Press Officer, External Media Relations, “ma per quanto riguarda la concorrenza sleale, abbiamo sempre difeso, e continueremo sempre a difendere, i nostri copyright,  trademark, brevetti e proprietà intellettuali. Ciò significa che monitoreremo tutti i modi in cui la stampa 3D verrà utilizzata commercialmente e adotteremo le azioni necessarie per tutelare i nostri diritti – anche per assicurarci che i consumatori siano sempre in grado di distinguere chiaramente quando stanno acquistando un prodotto Lego di alta qualità – e quando, invece, stanno acquistando qualcos’altro”.

Qualsiasi possibile sviluppo della stampa 3D avrà necessariamente un impatto sulle politiche di prezzo adottate da Lego, così come lo è stato per CD, DVD, Blu-ray e videogiochi. Oggi come oggi i prezzi dei prodotti Lego sono piuttosto inflazionati, anche considerando la qualità e il lavoro di licensing, sviluppo e marketing coinvolti. Eppure la “resistenza potrebbe essere inutile” e Lego probabilmente dovrà trovare – e in parte ha già trovato – il modo migliore per rendere la stampa 3D una risorsa. “Crediamo che la stampa 3D sia una tecnologia molto interessante – ha aggiunto Trangbæk – e la conosciamo molto bene. Da tempo utilizziamo diversi processi di stampa 3D per sviluppare i prototipi dei nuovi modelli Lego che poi andiamo a produrre su vasta scala”.

Ciò non significa che Lego stamperà in 3D tutti i suoi giocattoli, almeno non nel futuro prossimo. “La stampa 3D non può ancora essere considerata un’alternativa valida alla stampa a iniezione per i prodotti Lego a causa dei nostri elevatissimi requisiti di qualità, durabilità e sicurezza che le attuali tecnologie di stampa 3D non sono in grado di soddisfare“, ha precisato Trangbæk. “Inoltre, al momento i costi e i tempi per la manifattura diretta attraverso la stampa 3D non sono commercialmente validi per noi – tranne che che per le attività di prototipazione. Solo nel 2012 abbiamo prodotto 45 miliardi di mattoncini”. Quante stampanti 3D ci vorrebbero?

da Wired.it

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