Quando iniziative come queste, che aprono il cuore, fanno capire l’importanza di Internet della Stampa 3d ma soprattutto della condivisione. Per questo parliamo spesso di E-Nable su questo blog.
E-Nable: il “popolo della rete” offre protesi ai bambini
Una protesi non è un gioco. Il diritto di giocare, di correre e muoversi come tutti i bambini, nemmeno. Ma non tutti i bambini nati con malformazioni congenite (e sono tanti, nel mondo) possono permettersi arti meccanici che sul mercato arrivano a costare, da listino, migliaia di euro. Domanda-offerta. Funziona così. Eppure una soluzione ci sarebbe. Si chiama stampa 3-D. Il “popolo del web” se n’è accorto: 20-50 euro bastano per la materia prima, il resto è design e buona volontà. È nata così E-Nable, la prima community online che mette in contatto i proprietari di stampanti 3-D con le famiglie di bambini bisognosi sparse in tutto il mondo.
Tutto è cominciato su YouTube. Un video, che mostrava gli sforzi congiunti di un carpentiere del Sud Africa e di un designer di Washington per realizzare una protesi in 3-D per un bambino africano, ha attirato l’interesse di Jon Schull, informatico. “Ho creato due mappe su Google Maps e ho postato i link sotto il video” spiega Schull. Il messaggio era chiaro: “Se avete una stampante 3D e volete dare una mano, segnalatevi su questa mappa. Se avete bisogno di una protesi, segnalatevi su quest’altra mappa”. Risultato: in neanche 18 mesi sono 3500 i volontari che si sono iscritti, e sono state già oltre 800 le protesi realizzate e spedite. E-Nable è gestita da una rete di volontari che lavorano a tempo pieno per gestire la piattaforma. “La sfida ora è di espanderci globalmente” spiega Schull. “La maggior parte dei bambini che abbiamo aiutato finora vivono negli Stati Uniti e in Europa. I paesi del cosiddetto Terzo Mondo sono assai meno facilmente raggiungibili con il web”. Per questo E-Nable sta iniziando ad aiutare, ad esempio, bambini e famiglie di Haiti attraverso collaborazioni con ospedali e associazioni locali. Internet non arriva dappertutto, ma la solidarietà sì.
di Davide Illarietti da corriere.it